Superata quota 100.000 morti
L’ISTAT ha recentemente pubblicato il documento “Impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente anno 2020” in cui vengono analizzati i numeri dei decessi in Italia nel 2020 e confrontati con quelli degli anni precedenti.
In Italia nel 2020 ci sono stati 746.146 decessi, 100.526 decessi annui in più rispetto alla media 2015-2019 con un aumento del 15,6%. Nei primi due mesi dell’anno il numero di morti è stato in realtà più basso rispetto alla media, mentre analizzando i numeri da marzo a dicembre, quindi da quando il virus ha iniziato a circolare nel nostro Paese, l’eccesso di mortalità è di 108.178 decessi che rappresentano un aumento del 21%.
Mortalità non solo COVID
Nel rapporto dell’ISTAT viene fornito anche il numero di decessi per COVID che è di 75.891 sempre nel periodo tra il mese di febbraio e il 31 dicembre 2020. I 32.287 decessi di differenza non riguardano solo il COVID, ma vanno ricondotti a un insieme di pazienti con altre patologie (quelle cardiovascolari e oncologiche in primis) che non sono stati adeguatamente trattati a causa della riduzione dell’operatività degli ospedali determinata dal COVID.
Mortalità: confronto con altre nazioni
Nel documento dell’ISTAT vengono citati anche dati pubblicati dall’Eurostat sull’eccesso di mortalità di altri paesi europei. Confrontando questi dati possiamo notare come l’eccesso del 15% della mortalità in Italia sia inferiore rispetto a:
- Spagna (23,6%)
- Belgio (20,8%)
- Polonia (23,2%)
ma decisamente superiore rispetto a:
- Francia (13,2%)
- Germania (7%)
- Olanda (14,7%)
- Portogallo (13,9%).
“Queste differenze tra i Paesi possono essere spiegate dalla rapidità di diffusione della prima ondata in alcuni Paesi, dalla velocità di diffusione e dalle diverse misure di contenimento e mitigazione intraprese; resta tuttavia importante anche la struttura per età delle popolazioni, con i Paesi più “anziani” maggiormente penalizzati.”
ISTAT
Queste motivazioni, modalità di diffusione e anzianità della popolazione, sono state più volte riprese dagli organi di stampa. Siamo sicuri che non ci sia dell’altro?
Nel nostro Paese l’aspettativa di vita è una delle più alte di tutti i paesi dell’Unione Europea e questo può quindi spiegare in parte questo eccesso di mortalità. Ma sarebbe da ingenui pensare che sia solamente questo il motivo e non cogliere questa occasione per capire i problemi che attanagliano il nostro Sistema Sanitario Nazionale e per provare a risolverli.
L’eccesso di mortalità si è concentrato nelle Regioni del Nord Italia: lì il virus ha circolato maggiormente. Ma possiamo anche affermare che questo eccesso di mortalità è anche conseguenza del fallimento del sistema di strutture privato-accreditato maggiormente rappresentato in alcune regioni (vedi Lombardia) che non è stato in grado di reggere alla grande ondata di malati e provocando quindi una carenza nelle cure assistenziali.
Criticità del nostro Sistema Sanitario Nazionale
A livello nazionale, il Sistema Sanitario ha pagato anni di tagli di risorse e di personale che lo hanno indebolito gradualmente e reso più vulnerabile all’attacco di questa pandemia. Nonostante questo, il nostro Sistema Sanitario è stato comunque in grado di gestire questa ondata di malati.
Lo ha fatto attraverso la riorganizzazione e lo sfruttamento di strutture ospedaliere pubbliche come il nostro Policlinico, che con la loro struttura a padiglioni fisicamente separati tra loro presenta una struttura particolarmente adeguata alla gestione di questi malati infettivi.
Appare però evidente come il nostro Sistema Sanitario non può e non deve essere abbandonato ma necessiti di continui e importanti investimenti per mantenere elevata la qualità che da sempre lo contraddistingue a livello mondiale.
Altro fattore è stata la totale mancanza di organizzazione e potenziamento della “medicina del territorio” con una adeguata gestione domiciliare del paziente per ridurre il numero di pazienti che afferisce agli ospedali, determinando un intasamento degli stessi. Solo oggi dopo ormai un anno dall’insorgenza della pandemia il Presidente del Consiglio ha deciso di puntare fortemente su un potenziamento delle cure domiciliare in modo da evitare l’intasamento degli ospedali, perché ricordiamo che la battaglia si vince combattendo porta a porta.
Campagna vaccinale: utilizzo appropriato del personale
Nella battaglia al COVID un’arma sicuramente potente che abbiamo tra le mani è quella dei vaccini. Riguardo alla somministrazione degli stessi è notizia di questi giorni dell’accordo tra il Ministero della Salute e gli specializzandi per il loro arruolamento nella somministrazione dei vaccini. Ma non sarebbe meglio investire sull’utilizzo di infermieri professionali, laureati in scienze infermieristiche, per la somministrazione di vaccini che non è altro che una semplice puntura sottocutanea?
Il ruolo del medico nel supporto ai pazienti vaccinati è sicuramente fondamentale nel controllare eventuali reazioni allergiche, che seppure molto rare, possono presentarsi nei pazienti sottoposti al vaccino. Ma per fornire questo supporto il numero di medici specializzandi necessario sarebbe decisamente inferiore rispetto al loro utilizzo per somministrare vaccini, evitando di scoprire reparti ospedalieri da specializzandi che possono essere utili nel gestire pazienti con altre patologie gravi come quelle cardiovascolari.
I nostri morti siano di insegnamento
I dati forniti dall’ISTAT pertanto sono un buon punto di partenza per analizzare le criticità del nostro Sistema Sanitario messo a dura prova dalla pandemia in atto. Speriamo di aver imparato la lezione e che i dati di mortalità che ogni giorno vengono scanditi da “bollettini di guerra” riscattino le vittime attraverso azioni volte al potenziamento dell’assistenza sanitaria pilastro insieme all’istruzione e alla cultura di un Paese civile.