È notizia di oggi la nomina di trenta componenti non di diritto nel Consiglio Superiore di Sanità.
Con sorpresa constato che tra i neo nominati non c’è nessun rappresentante della branca Cardiologia. Sono rimasto estremamente stupito dal momento che ancora oggi le patologie cardiovascolari rappresentano la prima causa di mortalità e morbilità non solo in Italia, ma nel mondo intero.
A questa mia prima reazione mi è stato obiettato che non è importante avere un rappresentante di specialità nel Consiglio Superiore di Sanità, perché questo Organo decide sulle politiche sanitarie. Tuttavia, proprio ciò rappresenta la gravità di non avere un cardiologo nel Consiglio Superiore di Sanità, perché questa disciplina impatta in maniera notevole sulle politiche sanitarie nel nostro Paese, sia in termini di prevenzione, sia in termini di patologie complesse, che richiedono un notevole impegno in termini di risorse umane, organizzative ed economiche.
Per quanto riguarda la prevenzione, mi riferisco, per esempio, alla prevenzione cardiovascolare nelle tre fasce deboli della popolazione, vale a dire i giovani, le donne e gli anziani, per cui è necessaria una politica di informazione al fine di combattere la morte cardiaca improvvisa nei giovani, al fine di intercettare le patologie cardiovascolari nella donna, che le subisce anche in premenopausa, e al fine di diagnosticare precocemente le patologie aritmiche nell’anziano che conducono a cerebrovasculopatie.
Per quanto riguarda le patologie complesse, ricordo la vera epidemia dei nostri tempi rappresentata dall’insufficienza cardiaca, che si presenta con la stessa gravità e le stesse problematiche gestionali della patologia oncologica. Nel nostro settore, così come in quello oncologico che vede anche interventi terapeutici ad alta complessità e ad alto impiego di risorse, sono necessarie azioni di politica sanitaria volte alla riduzione delle riospedalizzazioni e all’impiego di tecnologie avanzate quali la telecardiologia.
Ho letto le dichiarazioni del Ministro Grillo che, alle prime critiche sulle nomine, risponde che il principale criterio utilizzato è stato quello del ranking e delle pubblicazioni scientifiche. Proprio questa argomentazione, a mio parere, è poco accettabile: infatti, esaminando gli indici di produzione scientifica utilizzati per la scelta dei commissari nei concorsi per Professori Ordinari, si evince che i rappresentanti della Cardiologia presentano le mediane di punteggio più alte. Infatti, L’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, l’ANVUR, stabilisce che, per entrare nella commissione concorsuale per Professore Ordinario, un cardiologo deve avere 109 articoli e 4342 citazioni totali; inoltre, considerando l’H-Index, cioè l’indice che incrocia il numero di articoli e il numero di citazioni, un cardiologo deve avere un punteggio di 31, cioè deve avere 31 lavori scientifici, tutti citati almeno 31 volte. Questi numeri, secondo le mediane stabilite dall’ANVUR, possono essere notevolmente più bassi per gli altri specialisti candidati a far parte della commissione concorsuale per Professori Ordinari: in Endocrinologia 80 articoli, 3369 citazioni, H-Index di 33; in Radiologia, 58 articoli, 1276 citazioni, H-Index di 20; in Geriatria, 71 articoli, 2929 citazioni e H-Index di 28.
In definitiva, nonostante venga richiesto alla Cardiologia di produrre tanto lavoro ad altissimo impatto scientifico, non viene riconosciuto dal Ministero della Salute un suo rappresentante nel Consiglio Superiore di Sanità con ricadute a mio avviso deleterie in un settore quale la Cardiologia che negli ultimi anni ha prodotto i migliori risultati in termini di allungamento della vita media e di miglioramento della qualità della vita.