Vi ricordate all’inizio della fase 2 quando in concomitanza con le aperture parziali sottolineavamo la necessità di aprire completamente la mente?
La situazione attuale con la riapertura totale di tutte le regioni non sembra rispondere a criteri quantomeno di ragionevolezza e buon senso. I dati a disposizione, infatti, anche se non perfettamente precisi e completi dimostrano differenze significative sull’entità dei contagi nelle varie regioni italiane con situazioni di criticità rappresentate dalla Lombardia, Piemonte e Liguria. Perché non posticipare la riapertura di queste tre regioni aspettando che i dati diventino più omogenei rispetto a quelli del resto d’Italia con regioni in cui si stanno osservando contagi pressoché azzerati?
Ricordiamo quello che è successo l’8-9 marzo quando prima di “Lombardizzare l’Italia” la fuga di notizie sul DPCM aveva provocato una transmigrazione dalla Lombardia alle regioni del centro-sud provocando sicuramente una diffusione dei contagi che, grazie all’organizzazione sanitaria del centro-sud e alla responsabilizzazione dei suoi abitanti, non è sfociata in un aumento incontrollato dei contagi.
Le disposizioni di apertura totale a livello regionale confliggono metodologicamente con quanto invece stiamo osservando nel mondo del calcio. Anche qui per fortuna si ricomincia ma con delle regole e protocolli che rischiano di far richiudere tutto in tempi molto brevi. Le regole in questo settore sono molto rigide: tamponi per i giocatori ogni 4 giorni e test sierologici ogni 14 giorni. E su questo, anche se estremamente fastidioso per i calciatori, possiamo essere d’accordo. Ma che dire della quarantena di tutto lo staff e di tutta la squadra se solo un giocatore risulta positivo? A differenza di quanto prevede il protocollo tedesco che non coinvolge nella quarantena tutta la squadra e tutto lo staff, con risultati a tre settimane dalla riapertura della Bundesliga del tutto soddisfacenti.
Così si rischia di riaprire per richiudere subito dopo. Spero di aver sottolineato come nelle decisioni governative ci si una certa incoerenza e come siano difficilmente decifrabili i rapporti governo comitato tecnico-scientifico.
Se ci sono i dati relativi all’entità del contagio nelle diverse regioni e anche quelli relativi alle esperienze di protocolli sanitari impiegati con successo in altre nazioni (vedi Germania e Svezia) non si comprende come da una parte si applichino criteri relativamente permissivi (vedi situazione interregionale italiana) e dall’altra criteri estremamente restrittivi (vedi protocolli per la riapertura delle competizioni calcistiche).
Sicuramente non sono un virologo, non sono un epidemiologo, sono soltanto un cardiologo con tanti anni di medicina alle spalle per la cura dei malati e per l’insegnamento universitario che ha sempre utilizzato oltre al rigore scientifico anche ragionevolezza e buonsenso (quest’ultimo solo un gradino al di sotto della scienza, come diceva il mio maestro). Speriamo veramente che al contagio del Covid-19 non si aggiunga il contagio dell’irrazionalità e del compromesso a tutti i costi.